Un Anno Fa…Pagelle Tour Down Under 2020: Richie Porte e Caleb Ewan sugli scudi – Giacomo Nizzolo e Diego Ulissi tra gli italiani in evidenza
Richie Porte (Trek-Segafredo), 9: Per la prima volta da sette anni a questa parte non vince a Willunga Hill, ma importa poco o nulla, se non per un dato statistico. Secondo al traguardo finale, fa comunque la differenza andando a capitalizzare il precedente successo di Paracombe per conquistare la classifica generale, nella quale era stato spesso beffato per qualche secondo in passato. Un bel modo per iniziare l’anno, anche se vale quel che vale.
Caleb Ewan (Lotto Soudal), 8,5: Il folletto australiano parte con il piede giusto, due perentori successi di tappa in due arrivi diversi fra loro, che ne confermano un talento eclettico e il grande ventaglio di tappe in cui può dire la sua. Malgrado la forte concorrenza, non sbaglia la partenza di una stagione in cui ha l’arduo compito di confermarsi e migliorare quanto fatto in un già ottimo 2019.
Diego Ulissi (UAE Team Emirates), 8: Il toscano è ormai un habitué di queste latitudini, in cui si trova subito a suo agio alle prime pedalate dell’anno. Grazie ad una buona regolarità nelle giornate più importanti, chiudendo nei dieci ogni volta che i big son chiamati all’appello, si prende un bel secondo posto. Una bella iniezione di fiducia per un 2020 in cui cercare di ritrovare le sensazioni migliori.
Simon Geschke (CCC), 7,5: Non eccelle, ma quando i favoriti son chiamati in causa si fa trovare pronto, raccogliendo i piazzamenti che gli consentono di conquistare il podio finale, grazie anche ad una condotta di gara sempre molto attenta, anche andando a caccia di abbuoni preziosi.
Sam Bennett (Deceuninck-QuickStep), 7: Parte subito con una vittoria, che gli permette di realizzare da subito il suo obiettivo, ma poi non riesce più a ripetersi, malgrado il suo treno lo lanci sempre alla perfezione, in particolare grazie all’ottimo Michael Morkov (8). Nelle altre due volate che riesce a disputare deve infatti arrendersi ai rivali, pur dimostrandosi l’uomo più temuto e forse comunque il più veloce. Sconfitte che per questo sono più pesanti.
Giacomo Nizzolo (NTT), 7: Nelle prime uscite non sembra al meglio, ma viene fuori con il passare dei giorni, fino allo splendido successo di Victor Harbor (che gli permette di interrompere un digiuno di oltre sette anni nel WorldTour). Un successo molto importante, anche per come si è corsa la tappa, vissuta ad alti ritmi sin dalla partenza.
Rohan Dennis (Ineos), 7: Sulle strade di casa è facile esaltarsi, soprattutto quando latitudine e temperature sono così diverse, ma per il campione del mondo si tratta di una prestazione importante, con la quale ha dimostrato alla sua nuova squadra che nelle corse di una settimana è una opzione importante, di cui tenere conto. Assieme a lui, buona prestazione anche del completo Dylan Van Baarle (7), in una delle poche occasioni che ha di fare, quasi, corsa per sé.
Matthew Holmes (Lotto Soudal), 7: L’esordiente britannico tira fuori dal cilindro una prestazione eccezionale nella giornata più attesa. Reduce dalla fuga del mattino, il 26enne neoprofessionista sorprende già tutti quando trova la forza per resistere alla sfuriata di Porte, riuscendo poi a rilanciare l’azione per una lunga volata finale che lo vede detronizzare agevolmente il tasmaniano su un traguardo che lo aveva visto trionfare nelle sei precedenti partecipazioni.
Jasper Philipsen (UAE Team Emirates), 7: Quest’anno non vince, ma la sua regolarità gli permette di entrare nei cinque in tutte le tappe che non si concludono in salita. Una conferma di affidabilità e solidità per il 21enne belga, che quest’anno punta a compiere il salto di qualità dopo una stagione di esordio già di alto livello.
Alberto Dainese (Sunweb), 6,5: Prima corsa tra i professionisti per il giovane corridore italiano, che si getta nella mischia con coraggio sin dalla prima frazione. Nelle uniche due occasioni a disposizione fa decisamente bella figura, aprendo con una top ten per poi migliorarsi con un bel quinto posto nella non necessariamente scontata volata di Murray Bridge. Il ragazzo parte con il piede giusto.
Simon Yates (Mitchelton-Scott), 6: Discreto a Paracombe, meno pimpante a Willunga Hill, perde nettamente il confronto con Porte nelle due occasioni di confronto. Considerando che non era comunque lui l’uomo di riferimento della sua squadra in questa corsa, svolge il suo compito come era prevedibile aspettarsi da lui.
Kristoffer Halvorsen (EF Pro Cyling), 6: L’ex iridato U23 comincia la sua nuova avventura con qualche piazzamento che non rimarrà nella memoria, ma comunque importante per dimostrare alla sua squadra di poter essere una carta su cui puntare negli arrivi a ranghi compatti. Con un po’ più di supporto nei momenti decisivi potrebbe lasciare il segno.
André Greipel (Israel Start-Up Nation), 6: Lontano dai fasti del passato, il recordman di vittorie della corsa australiana si deve accontentare di qualche piazzamento. Ma dopo una disastrosa stagione con la Arkéa-Samsic, per lui era importante dimostrare di avere ancora qualcosa da dire anche ad alti livelli. Migliorando il feeling con i compagni può crescere ancora.
Mads Pedersen (Trek-Segafredo), 5,5: Il campione del mondo non fa splendere l’iride, ma ha l’attenuante di non avere molto spazio in una corsa in cui si correva per un obiettivo unico. Le uniche volte in cui lo si vede è dunque a combattere per i traguardi volanti, dove prova a difendere (non sempre con successo) secondi preziosi per il suo capitano. Da registrare anche un tentativo di fuga, così come un fisico ancora appesantito. Da dieci (e oltre) la decisione di donare un dollaro per ogni corridore che gli è finito davanti (inizialmente doveva essere per coloro che gli finivano dietro, ma capito che il fisico non permetteva grandi donazioni, ha invertito in base alle proprie tendenze). Finire ultimo ha così tutto un altro sapore e prospettiva, diventa un risultato da campione del mondo.
Daryl Impey (Mitchelton-Scott), 5,5: È protagonista tutti i giorni, con una lotta costante agli intermedi che tiene viva la corsa, ma nella tappa finale paga questi sforzi crollando. Se in passato aveva retto bene le pendenze di Willunga Hill, l’esserci arrivato in maglia di leader gli costa probabilmente un piazzamento migliore. Ma d’altro canto era qui per vincere per il terzo anno consecutivo e ha avuto il merito di correre sempre per riuscirci.
George Bennett (Jumbo-Visma), 5,5: La sfortuna ci mette lo zampino, ma per il neozelandese è una occasione sprecata. Correndo quasi in casa, con due tappe a disposizione per lasciare il segno, era tra i pretendenti alle posizioni di vertice, tuttavia fallisce l’appuntamento di Willunga Hill, venendo rimbalzato indietro in una classifica in cui sembrava poter compiere un balzo in avanti dopo un buon inizio.
Romain Bardet (Ag2r La Mondiale), 5: La classifica è particolarmente severa a causa di uno sfortunato episodio nella seconda tappa, in cui perde quasi 2’30”, dei grandi scalatori resta quello che si vede meno. Ha comunque due buone occasioni in questo suo debutto assoluto nella corsa australiana, potenzialmente anche correndo più libero visto il tempo già perso, ma non riesce mai ad incidere, chiudendo sempre lontano dai primi. La rivoluzione non parte certo con le migliori prospettive.
Luis Leon Sanchez (Astana), 5: Vincitore della corsa nel 2005, spesso protagonista, quest’anno non riesce neanche ad avere un ruolo da comprimario, se non per un illusorio piazzamento al secondo giorno. Ma appena la strada sale veramente mostra di non averne abbastanza
Jay McCarthy (Bora-hansgrohe), sv: Arrivato con grandi ambizioni, due cadute ne condizionano tempra e fisico, perdendo l’occasione migliore per giocarsi la vittoria di tappa e vedendolo crollare in classifica.
Elia Viviani (Cofidis), sv: Nella prima tappa dimostra un bel colpo di pedale, ma la necessità di lavorare ancora per affinare l’intesa coi compagni. Poi la caduta del secondo giorno da cui esce pesantemente colpito.
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